“Ocean-Viking”: il salvataggio della nave intacca i rapporti tra Francia e Italia
Dopo il rifiuto di Roma di far attraccare la nave con a bordo più di 230 migranti e il suo approdo al porto militare di Tolone, la Francia rafforza i controlli alla frontiera innalzando un muro, non fatto di cemento ma di militari.
Sono le 16:10 a Mentone, la prima stazione francese dopo il confine italiano e il nostro il treno verso Nizza è in orario. Fermati in stazione, subito gli agenti di polizia di frontiera salgono a bordo. “Signore e signori, buongiorno. Controllo dell’identità”. Il treno riparte. I passeggeri hanno in mano chi un passaporto, chi un permesso di soggiorno, a volte un telefono con la foto di una carta d’identità. Da giovedì sera, e dall’annuncio dell’arrivo della Ocean Viking a Tolone, il governo francese ha rafforzato i controlli al confine franco-italiano. Sono arrivate quattro unità delle forze mobili del CRS, ovvero 320 agenti scelti in assetto anti sommossa.
Alle uscite autostradali di Mentone e Monaco, al casello di La Turbie e alla stazione ferroviaria di Mentone sono appostati 500 tra poliziotti e gendarmi. Vengono pattugliati anche i sentieri di montagna e le gallerie ferroviarie. “Quando ci sono più pattuglie, è meglio. È più a tenuta stagna”, le parole dell’assessore Emmanuelle Joubert, inviata in campo per questa operazione denomita “il pugno fermo”.
Dal 2015 vengono sistematicamente perquisiti i treni che si trovano a varcare il confine francese, monitorate le carrozze e svolti i controlli. Un monitoraggio non lineare, che oscilla a seconda delle notizie, della diplomazia e dei momenti, quasi a sembrare “guanto di sfida” nei confronti dell’Italia. Quando la pressione migratoria è forte, quando aumenta la pressione politica, aumenta la repressione. Pochi giorni fa, in un comunicato ufficiale, un sindacato di polizia Francese ha denunciato che il confine che era diventato un vero e proprio setaccio e tra i più selettivi. Ieri era impossibile passare il confine senza incrociare un funzionario in uniforme.
In treno, un immigrato consegna all’agente il suo passaporto gambiano. “Non è in regola”, fa notare il militare, mentre effettua il controllo. “La invitiamo a scendere dal treno per effettuare dei controlli più precisi”. Il ventenne, arrivato in Italia nel 2016, sperava di raggiungere Parigi. Questa è la terza volta che viene intercettato sul treno. “Non ha il visto per entrare in Francia, quindi non ha diritto di stare sul territorio nazionale”, mi dice un comandante mentre sfoglia il mio passaporto. Tra le 11:00 e le 16:00, gli agenti hanno arrestato 39 migranti. Tutti sono stati portati al posto di frontiera prima di essere rimandati in Italia, senza se e senza ma. Dal 1 gennaio, gli agenti distaccati al confine franco-italiano hanno registrato 28.000 rifiuti di ingresso. Nel 2021 sono state registrate 36.000 mancate ammissioni. Circa il 70% dei rifiuti di ingresso avviene sulla ferrovia.
Quindi vorremmo dire al governo francese che è facile criticare, accusare di non applicare i “diritti umani” sulle pagine della diplomazia e poi respingire o bloccare al confine senza applicare alcun “diritto inalienabili dell’uomo, ossia il diritto che deve essere riconosciuto ad ogni persona per il solo fatto di appartenere al genere umano, indipendentemente dalle origini, appartenenze o luoghi ove la persona stessa si trova”.
Ricordiamo ancora troppo bene le immagini di camionette della gendarmeria francese che varcano il confine italiano (senza alcun permesso), per scaricare nei paesini di alta montagna dei migranti bloccati al confine che non avevano alcun indumento adeguato per quelle temperature…