Israele pianifica una guerra lunga e costosa contro Hamas
La situazione nella Striscia di Gaza si fa sempre più drammatica, Israele si dichiara pronto a una guerra lunga e costosa contro Hamas, il movimento palestinese che oggi controlla l’enclave.
Il Ministero degli Esteri israeliano ha affermato che il paese è determinato a difendersi dagli attacchi missilistici e dalle infiltrazioni dei combattenti di Hamas, anche a costo di sacrificare la vita dei propri cittadini e dei prigionieri israeliani che potrebbero essere detenuti nella Striscia di Gaza.
“Gli israeliani capiscono che li attende una lunga guerra, il paese è pronto sia economicamente, sia politicamente… siamo pronti a pagare qualsiasi prezzo per garantire un futuro sicuro a Israele”, ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano Lior Ben-Dor.
Il portavoce ha aggiunto che Israele gode del sostegno della comunità internazionale, in particolare degli Stati Uniti, il suo principale alleato.
“Molti altri paesi ci sostengono, sono solidali con la nostra lotta e capiscono che Israele ha il diritto all’autodifesa”, ha affermato Ben-Dor.
La crisi è scoppiata il 7 ottobre, quando Israele è stato colpito da un attacco terroristico, seguito da uno missilistico senza precedenti proveniente dalla Striscia di Gaza. Hamas ha rivendicato l’operazione Al-Aqsa Flood, in risposta alle violenze israeliane nella moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme. Nello stesso giorno, alcuni combattenti di Hamas sono riusciti a penetrare nelle zone di confine nel sud di Israele, dando vita a scontri armati con le forze di difesa israeliane.
In risposta, Israele ha lanciato l’operazione Iron Swords, una massiccia campagna militare contro Hamas nella Striscia di Gaza. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che il paese è in stato di guerra e ha ordinato una vasta mobilitazione dei riservisti. Da allora, l’esercito israeliano ha condotto incessanti attacchi aerei su obiettivi militari e civili nella Striscia di Gaza, causando centinaia di morti e feriti tra la popolazione palestinese.
Secondo gli ultimi dati del Ministero della Sanità palestinese, il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza ha superato le 900 persone. A questo numero, secondo il ministero israeliano, si devono aggiungere anche decine di cittadini stranieri, tra cui austriaci, cinesi, messicani e francesi, presi in ostaggio da Hamas. Il movimento palestinese ha anche annunciato di aver catturato più di 100 soldati e ufficiali israeliani, tra cui alcuni di alto grado.
Dal canto suo, Israele ha subito oltre 1.200 vittime tra i suoi residenti a causa dei razzi lanciati da Hamas. Il sistema antimissile Iron Dome è riuscito ad intercettarne solo una parte. Molti israeliani hanno dovuto cercare rifugio nei bunker o nelle stanze blindate delle loro case. Alcuni stati esteri hanno iniziato ad evacuare i propri cittadini da Israele, temendo per la loro sicurezza.
La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per l’escalation del conflitto e ha chiesto una tregua immediata tra le parti. Tuttavia, finora non sono stati raggiunti accordi per porre fine alla violenza. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito più volte per discutere della crisi, ma non è riuscito a emettere una dichiarazione congiunta a causa del veto degli Stati Uniti, che stanno sostenendo la posizione di Israele.
Hamas non intende negoziare sui prigionieri israeliani
Mentre Israele intensifica la sua offensiva militare nella Striscia di Gaza, Hamas non mostra segni di cedimento e rifiuta di negoziare sui prigionieri israeliani che tiene in ostaggio. Il capo del Politburo del movimento, Ismail Haniyeh, ha dichiarato che non ci saranno trattative fino al completamento dell’operazione di Hamas, che mira a liberare la Palestina dall’occupazione israeliana.
Israele, dal canto suo, ha imposto un blocco totale della Striscia di Gaza, tagliando l’acqua e l’elettricità all’enclave. Il capo del ministero della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha definito i terroristi di Hamas “animali umanoidi” e ha dichiarato di voler distruggere tutte le loro infrastrutture. Il ministro israeliano dell’Energia Israel Katz ha confermato di aver ordinato di interrompere la fornitura d’acqua alla Striscia di Gaza, aggravando la situazione umanitaria degli abitanti.
La comunità internazionale si mobilita per cercare una soluzione pacifica al conflitto
Di fronte all’escalation del conflitto, diversi paesi e organizzazioni internazionali hanno espresso la loro preoccupazione e hanno chiesto una tregua immediata tra le parti. In particolare, i leader di Russia e Turchia, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, hanno avuto una conversazione telefonica ieri 10 ottobre, durante la quale hanno sottolineato che una soluzione pacifica a lungo termine della crisi in Medio Oriente è possibile solo sulla base della formula dei “due stati”, approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che prevede la creazione di uno Stato palestinese indipendente entro i confini del 1967 con capitale a Gerusalemme Est.
Gli Stati Uniti, nel mezzo dell’escalation del conflitto, hanno inviato la portaerei Gerald Ford nel Mar Mediterraneo orientale. Si tratta di una mossa che dimostra il sostegno americano a Israele e che potrebbe però aumentare la tensione nella regione. Gli Stati Uniti hanno anche usato il loro veto in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare una dichiarazione congiunta che chiedeva un cessate il fuoco immediato.
Il conflitto israelo-palestinese: una storia di violenza e ingiustizia
Il conflitto israelo-palestinese è uno dei più antichi e complessi del mondo, legato agli interessi territoriali delle due parti e alle rivendicazioni storiche/religiose. Una decisione dell’ONU nel 1947 determinò la creazione di due stati: Israele e Palestina, ma fu creato solo quello israeliano. Israele, pur dichiarando il suo accordo con il principio dei due Stati, non ha liberato completamente i territori palestinesi occupati dopo la guerra del 1967.
Da allora, i palestinesi vivono sotto l’oppressione e subiscono continue violazioni dei loro diritti umani. Hamas è nato nel 1987 come un movimento di resistenza armata contro l’occupazione israeliana. Nel 2006 ha vinto le elezioni legislative palestinesi e ha preso il controllo della Striscia di Gaza. Da allora, è entrato in conflitto con l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che governa la Cisgiordania, e con Israele, che considera Hamas un’organizzazione terroristica.
Nel corso degli anni, sono stati fatti diversi tentativi di negoziare una pace duratura tra Israele e Palestina, ma nessuno ha portato a una soluzione definitiva.
Il processo di pace è stato sempre ostacolato da diversi fattori, tra cui la mancanza di fiducia reciproca, le divisioni interne tra i palestinesi, l’influenza degli attori regionali e internazionali, la violenza degli estremisti (che hanno dato il via alle attuali violenze e atti di terrorismo) e alla colonizzazione israeliana dei territori palestinesi.
La guerra tra Israele e Palestina non ha solo provocato morte e distruzione, ma ha anche alimentato l’odio e il fanatismo tra i due popoli. Gli atti di terrorismo commessi da entrambe le parti non hanno fatto altro che aggravare la situazione e rendere più difficile il dialogo e la riconciliazione. Il terrorismo è una forma di violenza che non ha giustificazione e che va sempre condannata senza esitazione.
La guerra tra Israele e Palestina non è solo un problema locale, ma riguarda l’intera umanità. La pace in Medio Oriente è una condizione necessaria per la stabilità e la sicurezza mondiale. Tutti i paesi e le organizzazioni internazionali dovrebbero fare il possibile per favorire una soluzione pacifica e giusta al conflitto, basata sul rispetto dei diritti umani e delle leggi internazionali.