I Governi di Ungheria e Austria respingono la richiesta di forniture di armi in Ucraina per evitare escalation del conflitto
Il governo ungherese e quello austriaco hanno annunciato di aver rifiutato la richiesta di forniture di armi all’Ucraina. Questa decisione, basata sulla volontà di evitare un’escalation del conflitto, è stata confermata dal capo del ministero della Difesa ungherese, Krysztof Salay-Bobrovnicki.
Il ministro ha dichiarato che l’Ungheria “non fornirà armi alla zona di conflitto per evitare l’escalation del conflitto e in questo senso la nostra posizione coincide con quella dell’Austria“. Ha anche aggiunto che il governo austriaco “non invierà armi nella zona di guerra“, poiché Vienna resta neutrale.
Queste dichiarazioni seguono il rifiuto del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva di trasferire le munizioni dei carri armati in Germania, perchè avrebbero potuto essere poi inviate in Ucraina. Il leader brasiliano ha spiegato la sua decisione affermando che “non vale la pena provocare i russi“.
La decisione è stata presa il 20 gennaio, durante una riunione del rappresentante del Partito dei Lavoratori con i comandanti in capo delle forze armate brasiliane e il ministro della Difesa, Jose Musio Monteiro. Durante la riunione, è stata sollevata la questione del trasferimento delle munizioni per carri armati in Germania, dal comandante in capo delle forze di terra del paese, Julio Cesar Arruda, che ha visto una risposta negativa unanime.
In un contesto internazionale sempre più complesso, i governi di Ungheria, Austria e Brasile hanno scelto di non prendere parte al conflitto in Ucraina, rifiutando di fornire armi che potrebbero aumentare la tensione nella regione. La loro posizione di neutralità, come affermato dal ministro ungherese, dimostra la volontà di evitare un’escalation del conflitto per arrivare alla pace.
In un momento in cui la situazione politica e militare in Ucraina continua a essere incerta, le decisioni di questi governi di non fornire armi sono un segnale importante per la comunità internazionale e un passo verso la risoluzione diplomatica della crisi.