“Basta con quella roba che ti rincretinisce”. Quante volte ai più giovani è stato rivolto un richiamo simili da parte degli adulti. Beh, a leggere i risultati di un recente studio americano, le cose non stanno proprio così, anzi. Pare infatti che dedicarsi con una certa intensità ai videogame innalzi il QI, sempre tenendo conto di variabili come le differenze genetiche e il background socio-economico del singolo. Le rilevazioni sulla comprensione della lettura, l’elaborazione visuo-spaziale e un compito incentrato sulla memoria, il pensiero flessibile e l’autocontrollo
I ricercatori hanno poi consultato i dati ricavati dall’osservazione di oltre 5mila di questi bambini due anni dopo. Nel periodo intercorso, coloro che hanno dichiarato di dedicare ai videogiochi più tempo della norma hanno registrato un aumento di 2,5 punti di QI rispetto alla media. Per il calcolo di tale aumento, gli esperti si sono basati sulle prestazioni dei bambini in compiti che comprendevano la comprensione della lettura, l’elaborazione visuo-spaziale e un compito incentrato sulla memoria, il pensiero flessibile e l’autocontrollo.
Sebbene la differenza nelle capacità cognitive sia stata minima e non sufficiente a dimostrare un rapporto di causalità, è comunque abbastanza significativa e lo studio è stato attento a tenere conto di variabili quali le differenze genetiche e il background socio-economico di ogni singolo bambino
Nel frattempo, guardare la TV e usare i social media non sembra avere un effetto positivo o negativo sull’intelligenza: la ricerca tende invece a inserirsi nel dibattito su quanto tempo davanti allo schermo sia adatto alle giovani menti. “I media digitali definiscono l’infanzia moderna, ma i loro effetti cognitivi sono poco chiari e molto discussi”, scrivono i ricercatori nel report finale. “Riteniamo che gli studi condotti con dati genetici possano chiarire le affermazioni causali e correggere il ruolo tipicamente non considerato delle predisposizioni genetiche”.
È importante notare che, sebbene lo studio abbia preso in considerazione solo i bambini degli Stati Uniti e non abbia fatto una distinzione tra i vari tipi di videogiochi (per cellulari o per console), si tratta comunque di un’analisi preziosa del gioco e del quoziente intellettivo, che avvalora l’idea che l’intelligenza non sia una costante fissa con cui si nasce. “I nostri risultati supportano l’affermazione che il tempo trascorso sullo schermo in genere non compromette le capacità cognitive dei bambini e che videogiocare può effettivamente contribuire ad aumentare l’intelligenza“, afferma il neuroscienziato Torkel Klingberg del Karolinska Institute, in Svezia.
Come fanno notare i ricercatori, questo non è il primo studio che suggerisce che potrebbe esserci un legame tra il tempo che i bambini trascorrono giocando e lo sviluppo delle loro capacità cognitive. L’équipe che ha condotto la ricerca attuale afferma che le dimensioni ridotte dei campioni, i diversi indirizzi di studio e la mancanza di considerazione delle influenze genetiche e socioeconomiche hanno portato a rapporti contrastanti sugli effetti del tempo trascorso sullo schermo che abbiamo visto finora, limitazioni che questo studio ha cercato di minimizzare.
I ricercatori hanno ribadito come in questo studio siano numerosi i fattori in gioco, sia per quanto riguarda il modo in cui l’intelligenza potrebbe essere sviluppata e formata, sia per quanto riguarda i diversi modi in cui il tempo trascorso davanti allo schermo potrebbe influenzare corpo e abitudini, per cui sono necessarie ulteriori ricerche. “Non abbiamo esaminato gli effetti del comportamento sullo schermo sull’attività fisica, sul sonno, sul benessere o sul rendimento scolastico, quindi non possiamo dire nulla al riguardo”, ha concluso Klingberg.
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