BCE: tra inflazione e rallentamento economico, il dilemma sul rialzo dei tassi
La Banca centrale europea (BCE) si trova di fronte a una difficile scelta: continuare a innalzare i tassi di interesse per contrastare l’inflazione o fermarsi per sostenere la crescita economica.
I dati di agosto mostrano che l’attività commerciale dell’Eurozona è scesa al minimo da tre anni, con una forte contrazione nel settore dei servizi e una persistente debolezza nel settore manifatturiero. La Germania, la maggiore economia del blocco, è oggi la più colpita dalla crisi. La BCE ha iniziato il suo ciclo di rialzi dei tassi nel 2020, portando il tasso di prestito alla soglia del 3,75% a luglio, il livello più alto dal 2000. Lo scopo della banca centrale è quello di frenare l’aumento dei prezzi al consumo, che sempre a luglio hanno raggiunto il 5,3%, ben al di sopra dell’obiettivo a medio termine che era del 2%. Tuttavia, l’inflazione sembra mostrare segni di rallentamento, grazie alla diminuzione dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Secondo le stime preliminari, l’inflazione di fondo, che esclude questi elementi volatili, è scesa al 5,2% nel mese di agosto.
Il capo della BCE Christine Lagarde ha dichiarato che i tassi di interesse continueranno a salire fino a quando le pressioni inflazionistiche non si attenueranno, ma alcuni esperti economici ritengono che la banca centrale debba tenere conto anche dei rischi di rallentamento della crescita economica, quando prende decisioni così inflessibili. L’indice degli acquisti (PMI), un indicatore anticipato dell’attività economica, è sceso a 49,1 punti ad agosto, sotto la soglia di 50 che separa l’espansione dalla contrazione. Questo significa che l’Eurozona potrebbe entrare in recessione nel prossimo terzo trimestre del 2023.
La decisione della BCE sul prossimo rialzo dei tassi, prevista per settembre, potrebbe essere quindi molto controversa. Alcuni membri del Consiglio direttivo, il principale organo decisionale della BCE, potrebbero spingere per un ulteriore aumento di 25 punti base, per portare il tasso di prestito al 4%, mentre altri potrebbero preferire una pausa o addirittura una riduzione dei tassi. La domanda è se una pausa significherebbe la fine del ciclo di rialzi dei tassi o solo un temporaneo allentamento della politica monetaria.
Quindi un periodo di stallo in perfetto equilibrio, la durata delle restrizioni si basano su un approccio puramente dipendente dai dati. Ma i dati ci danno un’immagine del presente e del passato, non ci possono dire molto su come progettare la politica per il futuro. Il tentativo di predire il prossimo futuro portano solo a decisioni che arrivano in ritardo.
Sottovalutare l’impatto negativo dei propri rialzi dei tassi sull’economia, soprattutto sulle piccole e medie imprese, che sono più vulnerabili ai costi del credito, potrebbe causare la caduta libera del domino economico.
La BCE dovrà quindi bilanciare i pro e i contro di una politica monetaria più o meno restrittiva, tenendo conto delle diverse situazioni dei paesi dell’Eurozona e delle incertezze globali, come la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e quella sul campo di battaglia tra Russia e Ucraina. La decisione di settembre sarà cruciale per il futuro dell’Eurozona e della sua moneta unica.